Descrizione
Quota iniziale: 965m
Quota finale: 1941m
Dislivello: 976m
Tempo: 3:30 h
I sentieri che salgono al Lago Pilato, posto tra il Monte Vettore vetta più alta di tutto il parco (2476 m) e il Pizzo del Diavolo (2410 m), sono diversi noi abbiamo scelto quello che parte dall’abitato di Foce (AP).
Superato il paese ci dirigiamo verso un ponticello di legno che attraversiamo per lasciare l’auto a bordo strada subito dopo. (Volendo si può proseguire ancora su sterrato per circa 1 Km fino ad arrivare ad un divieto di transito e ad un parcheggio sulla sinistra ma la strada è piena di sassi e buche profonde e non siamo sicuri che la nostra auto non più giovanissima regga l’esperienza).
Zaino in spalla partiamo seguendo la sterrata che sale verso il secondo parcheggio e il Piano della Gardosa. Giunti al parcheggio lasciamo la sterrata e ci inoltriamo lungo un più tranquillo sentiero che parte alla sinistra della strada e sale attraverso i prati fino a ricongiungersi alla sterrata dopo circa 20 minuti.
Poco più avanti la strada si immerge per un breve tratto in un bosco dandoci un po’ di refrigerio. Usciti dal bosco in prossimità di un tabellone informativo del parco troviamo il primo bivio dove occorre tenere la sinistra (purtroppo non abbiamo trovato indicazioni ma ci hanno aiutato un gruppetto di escursionisti che stava tornando dalla passeggiata).
La strada si immerge nuovamente nel bosco ma è sempre ben visibile, la seguiamo fino ad incontrare un altro bivio dove occorre tenere la destra. Dopo circa 10-15 metri troviamo un altro bivio con l’indicazione per il Lago dipinta su di un albero. Lasciamo la strada e prendiamo il sentiero alla nostra sinistra, purtroppo il primo tratto è ricoperto di foglie che lo rendono un po’ scivoloso ma prestando la dovuta attenzione incominciamo a salire. Di tanto in tanto alberi caduti sul sentiero rendono la marcia un po’ avventurosa.
Dopo circa 1 ora dalla partenza arriviamo a “Le Svolte” una serie di tornantoni molto ripidi che permettono di prendere quota in un canalone roccioso. La fatica si fa sentire sia perché ci si alza di quasi 300 metri praticamente in verticale, sia perché il sentiero è ricoperto di ciottoli che ci fanno continuamente scivolare, per rendere l’idea è come scalare la massicciata di una ferrovia e questa cosa oltre a rendere la salita doppiamente faticosa renderà la discesa un vero incubo, abbiamo perso il conto delle persone che abbiamo visto cadere noi compresi.
Dopo un po’ meno di un ora sbuchiamo sui dolci pendii erbosi della Valle del Lago (1404 m) e da qui la salita si fa meno faticosa anche se la presenza dei ciottoli di cui è sempre ricoperto il sentiero la rende abbastanza antipatica. Aggiriamo sulla sinistra un piccolo promontorio per poi proseguire tra tratti a mezza costa e superamenti di dossi. Di tanto in tanto ci voltiamo per dare un’occhiata alla Valle del Lago con sullo sfondo il celebre Monte Sibilla distinguibile dalla caratteristica cicatrice a forma di zeta.
Dopo un’ altra ora dall’ingresso nella Valle del Lago (3 ore dalla partenza) ecco comparire i primi nevai il più grosso dei quali dobbiamo attraversare con somma gioia dei bambini. Subito dopo un ultimo strappetto di circa 30 minuti ci conduce alla meta della nostra gita: il Lago Pilato (1941 m).
Il Lago Pilato è conosciuto anche come “il lago con gli occhiali” per la forma dei suoi invasi comunicanti che nei periodi di maggiore presenza di acqua visti dall’alto ricordano un paio di occhiali.
Il lago ospita un particolare animaletto endemico, il Chirocefalo del Marchesoni: un piccolo crostaceo di colore rosso che misura 9-12 millimetri e nuota col ventre rivolto verso l’alto a rischio di estinzione.
Per questo è severamente vietato bagnarsi nelle acque del lago e avvicinarsi ad una distanza inferiore a 5 metri dal bordo per evitare di calpestare le uova del chirocefalo deposte a riva.
Dopo esserci sufficientemente rifocillati e riposati ritorniamo sui nostri passi per affrontare la difficile discesa sui ciottoli. Per la prima volta per la discesa ci mettiamo lo stesso tempo della salita se non di più.
Il dislivello non indifferente e la presenza continua di ciottoli sul sentiero che lo rendono veramente scivoloso, secondo noi non è adatto a bambini piccoli e/o privi di esperienza escursionistica.
Un ultima annotazione: lungo il sentiero, almeno nel periodo in cui l’abbiamo percorso noi, non ci sono fonti di acqua per cui è meglio partire con una scorta abbondante. Fa molto caldo visto che la quota non è elevata e la maggior parte del percorso è sotto il sole, rischiare di rimanere a secco non è allettante.
Galleria Foto
Cartina e indicazioni stradali
Accesso stradale:
Da Ancona: Autostrada A14 uscita Pedaso. Imboccare la SP 238 e seguirla per 11 km. Proseguire sulla SP 185 per circa 10 km. Svoltare a destra sulla SS 433 poi subito a sinistra sulla SP104 fino a Comunanza. Proseguire sulla SP 78 poi sulla SP 86 fino al parcheggio.
Coordinate parcheggio: N 42.87887° E 13.26920°
Leggende storia e curiosità
Leggenda del Lago Pilato
La leggenda narra che Pilato, procuratore romano della Giudea, responsabile della crocifissione di Gesù e condannato a morte dall’imperatore Vespasiano, fu posto su di un carro trainato da bufali e affidato alla sorte. I bufali indiavolati partiti da Roma giunsero fino ai Monti Sibillini e terminarono la loro folle corsa precipitando nel lago dalla cresta della Cima del Redentore. A guardia della tomba dell’infelice procuratore fu messo poi un pretoriano dalla corporatura gigantesca. Trasformato in roccia, ancora oggi sorveglia il lago con il nome di “Gran Gendarme”. Si racconta, inoltre che la striscia di ghiaia che costeggia il lago per un certo tratto altro non sia che la traccia della corsa del carro di Pilato. Guai a chi osasse gettare sassi nel lago! Secondo una credenza popolare l’anima di Ponzio Pilato potrebbe suscitare terribili tempeste!
A partire dal XIII secolo è stato considerato luogo di streghe e negromanti, tanto da costringere le autorità religiose del tempo a proibirne l’accesso e a far porre una forca, all’inizio della valle, come monito. Intorno al suo bacino furono alzati muri a secco al fine di evitare il raggiungimento delle sue acque. Nessuno poteva oltrepassarli e chi osava farlo veniva rapito da forze misteriose e maligne a meno che non fosse stato un Negromante. Costui, dopo aver fatto tre cerchi in terra, si posizionava sul terzo e chiamava il demone con il quale desiderava entrare a patti. In questo modo riusciva a comunicare con lui. Il demone si impegnava a prestare per intero la sua opera malvagia mentre il Negromante doveva donare in cambio la sua anima. Ogni anno gli abitanti di Norcia sceglievano un delinquente e lo facevano gettare nel lago come tributo ai demoni contro le tempeste e le calamità naturali che frequentemente devastavano il territorio.
L’alone di mistero che lo circonda, fu rafforzato, da alcune testimonianze a partire dalla seconda metà del ‘300. Benvenuto Cellini (scultore e scrittore italiano) racconta di essere stato avvicinato da creature magiche, Negromanti intenti a far consacrare il “libro del comando” in terra di Norcia con l’aiuto degli abitanti norcini abili in stregonerie e magie. Il “libro del comando” altro non era che un libro dove i Negromanti scrivevano i più svariati e perversi desideri che si avveravano in cambio della loro anima al servizio dei demoni. A testimonianza di questo fatto, Pierre Bersuire (enciclopedista e monaco benedettino), parla di un alto prelato che gli raccontò di un luogo nei pressi di Norcia stregato popolato da creature demoniache.
Un altro nome con il quale era conosciuto nell’antichità era quello di Lago della Sibilla. Nel Museo della Grotta della Sibilla, presso Montemonaco, è custodita una pietra scura, detta “La Gran Pietra”, che reca incise lettere misteriose e rinvenuta nei pressi del lago. Secondo la leggenda questo sarebbe il lago Averno da cui si entra nel mondo degli Inferi.